C’erano già i semi del cambiamento, di una trasformazione in atto prima della pandemia. Quella che invece forse è sempre mancata, era la volontà di vederli e di tradurli in una strategia. Ora non è più possibile aspettare. È tempo di New Ways of Working, termine che risuona e appare ovunque ultimamente. Ma cosa intendiamo per “nuovi modi di lavorare”, cosa accadrà al futuro del lavoro?
Il problema del lavoro e la necessità di New Ways of Working
Viviamo in un’epoca in cui il cambio generazionale netto non esiste più. Ci sono tante generazioni che lavorano insieme contemporaneamente e questo pone le aziende e le organizzazioni di fronte a problematiche gestionali importanti.
Quando un team è eterogeneo e si hanno insieme persone con aspettative diverse per l’età, cambia la proposizione di valore come employer. La soluzione è quindi quella di accogliere il diverso, non solo in termini di globalizzazione e internazionalizzazione. Bisogna creare accoglienza nonostante la tecnologia e la digital transformation in atto.
E queste problematiche erano già presenti prima del fatidico 2020. Il Covid non ha fatto altro che far venire a galla questioni latenti: la frustrazione delle persone verso modalità lavorative ormai non più consone agli stili di vita, il micromanagement, l’attenzione per i dettagli invece che sul valore e sul senso del lavoro.
Futuro del lavoro: cosa accadrà ora?
A distanza ormai di un anno forse è ora di diventare più incisivi rispetto a come vogliamo che crescano le organizzazioni e le Persone, anche perché da adesso in poi vivremo una modalità lavorativa molto lontana da quella pre-covid.
Si andrà configurando una modalità ibrida, intelligente, capace di rispondere alle evoluzioni del mercato. Ma non pensate basti avere connettività, portarsi a casa un portatile, o attivare una VPN per innescare il New Ways of Working. C’è bisogno di formazione e di consapevolezza.
Dobbiamo iniziare a capire quale valore vogliamo dare al lavoro. L’orizzonte temporale e spaziale che ha accompagnato il worker fino ad ora, con una “logica del cartellino” strascico di una cultura del lavoro novecentesca, non esiste più. E non esisterà più. O ci vorrà molto tempo prima che si ritorni ad una volontà di massa di tornare ai vecchi canoni lavorativi. Probabilmente non si vorrà più tornare indietro, perché abbiamo scoperto che altre modalità lavorative sono funzionali ed efficaci se si rispettano le regole e soprattutto le Persone.
Questo periodo da un certo punto di vista ha dato l’opportunità di capire la necessità di concentrarsi su obiettivi e risultati. Ha reso consapevoli di quanto siano indispensabili le risorse non solo tecniche. Ha poi fatto comprendere quanto sia fondamentale instaurare un clima di fiducia all’interno di un’organizzazione per lavorare bene a distanza nel lungo periodo.
Formare le persone al nuovo modo di lavorare
Quindi, cambiano i modi di lavorare e cambiano le competenze. La formazione è l’elemento chiave per anticipare i cambiamenti e avere team adattivi e fluidi. Ma non solo, anche per colmare il gap che ancora esiste tra quello che cercano le aziende e quello che la forza lavoro offre.
Per superare questi ostacoli si deve adottare un approccio legato alla crescita, come suggerisce il libro “Mindset” di Carol Dweck in cui viene descritto come anche l’attitudine può essere allenata, e inserita nella valutazione delle performance può diventare un elemento abilitante.
È necessario fare formazione per non perdere l’employability. Il mondo corre veloce, vengono scoperte cose ogni giorno e la digital transformation è in atto. Non possiamo più affidarci alle competenze acquisite nel periodo degli studi Universitari, cambia tutto troppo velocemente. Rimanere costantemente aggiornati fa parte dello spirito di adattamento e trasformazione, l’unico modo per sopravvivere occupazionalmente.
Le skills necessarie al futuro del lavoro
Non pensiamo a questo cambiamento come a qualcosa che interessi solo chi lavora in ufficio. La digital transformation è ovunque, non solo nelle aziende di servizi, anche le fabbriche si ritrovano a gestire software con l’industria 4.0.
Tutti i lavori quindi avranno un impatto più cognitivo ed il cambiamento è destinato a colpire tutta la popolazione.
Le skills necessarie ai “new ways of working” avranno a che fare con materie tecnico-scientifiche, ma anche con competenze empatiche e comunicative, senza tralasciare abilità di leadership e digitalizzazione. Se la formazione salva il lavoratore dalla disoccupazione, al tempo stesso avere in azienda Persone che sono a loro volta imprenditori e in apprendimento continuo, significa poter contare su team abilitatori del cambiamento e sempre più preparati ed attivi.
E tutte quelle competenze trasversali dette soft o human possono aiutare a far crescere persone più capaci di gestire con agilità il cambiamento e di confrontarsi con gli altri. Significa mettere a fattor comune le esperienze, condividere invece di accentrare, saper ascoltare, empatizzare e accogliere.
Il tema vero è che non si vedono all’orizzonte grandi decisioni strategiche rispetto a come lavoreremo domani. Sta a noi nel nostro piccolo come persone, come dipendenti, come aziende, collaboratori e organizzazioni a iniziare a disegnare insieme come vorremmo questo futuro del lavoro e ad immaginare i new ways of working come un’opportunità.