I Buoni Fruttiferi Postali (BFP) sono una forma di investimento e risparmio allo stesso tempo tra le più sicure nell’ambito dei titoli di Stato perché solitamente offrono anche percentuali di interesse e rendimento migliori di altri titoli a parità di condizioni.
I BFP sono collocati sul mercato tramite Poste Italiane ed emessi da Cassa Depositi e Prestiti (CDP).
Il titolare del buono fruttifero ha diritto al rimborso dell’intero capitale investito in qualunque momento maggiorato degli interessi maturati nel tempo. Gli interessi sulle somme investite maturano a cadenza annuale.
La durata di un buono è stabilita e sottoscritta per contratto.
Le criticità sul rimborso dei buoni fruttiferi
La durata dei buoni fruttiferi, la scadenza degli stessi, la cessazione della maturazione degli interessi e la prescrizione dei medesimi sono frequentemente motivo di “contesa” con poste italiane. Motivo per cui potrebbe essere necessario ricorrere all’assistenza degli esperti di www.rimborsiamo.com
Attualmente le tipologie di buoni fruttiferi ordinari nominativi hanno durata ventennale o trentennale (vi sono altre tipologie con durata inferiore).
I Buoni ordinari emessi fino alla data del 27/12/2000 (Serie “Z”) hanno una durata di 30 anni; quelli emessi successivamente (dalla serie “A1” in poi) hanno una durata ventennale.
Ora, è bene sapere che il buono o i soli interessi possono essere riscossi anche dai titolari del buono che hanno già scambiato o liquidato il buono fruttifero purché entro 10 anni dalla liquidazione del medesimo.
Alla scadenza del buono ventennale, gli interessi cessano di maturare, mentre per i buoni trentennali gli interessi continuano a maturare anche oltre la scadenza, in regime di capitalizzazione composta entro i primi venti anni e in regime di capitalizzazione semplice a partire dal ventunesimo al trentesimo anno di deposito.
Coloro che, per esempio hanno sottoscritto dei buoni fruttiferi postali trentennali dopo il 1986 si possono trovare, però, dinanzi a una sgradevole sorpresa rispetto alla somma attesa in sede di riscossione del buono.
Infatti, per Decreto Ministeriale del 13 giugno 1986 si è provveduto a contrassegnare/aggiornare i buoni della serie “P” e “O” facendoli confluire in quelli della serie “Q”, i cui interessi erano inferiori, generando un evidente ribasso della somma di capitale potenziale da riscuotere rispetto alla tabella di calcolo riportata sul buono sottoscritto.
Il cambio di “etichetta” ha generato un evidente malumore e l’ipotesi – da parte dei consumatori – di poter fare ricorso al fine di ottenere le somme stipulate e attese.
Gli errori di comunicazione compiuti da Poste Italiane
Premesso che il titolare del buono ha sempre diritto al rimborso del capitale investito, occorre però verificare fino a che punto e per colpa di quali incongruenze.
In particolare per quel che riguarda i buoni emessi dopo il 13 giugno 1986 è accaduto che nonostante Poste Italiane fosse obbligata all’applicazione dei nuovi tassi definiti per decreto relativi alla serie “Q”, ha continuato a utilizzare buoni cartacei – all’epoca – riportanti ancora le diciture delle serie precedenti creando inevitabile confusione.
Un eventuale ricorso può essere intentato – ma senza certezza di esito a favore del contraente il buono – per uno dei seguenti errori:
- La non apposizione del timbro sulle nuove serie;
- L’applicazione del timbro solo su uno dei lati del buono;
- Applicazione di tassi di interesse ulteriormente peggiorativi rispetto a quelli definiti dalle serie nuove (già ribassati).
Tuttavia, Poste Italiane specifica che – per i buoni della serie “O” e “P” passati alla serie “Q” – la tabella riportata sul retro del buono non è più valore ai fini del calcolo per la liquidazione/riscossione del buono.
La variazione “in diminuzione” era una modalità consentita già in virtù dell’art. 173 del Codice Postale (D.P.R. n.156 del 29 marzo 1973). Quest’ultimo D.P.R. è – però – stato abrogato dall’art. 9 del D.M. 19 dicembre 2000 per cui viene reso impossibile la variazione dei tassi di interesse dei Buoni Fruttiferi emessi in precedenza, fatto salve le variazioni già applicate prime dal 2000.