Recentemente mi è tornata in mente la storia di quello Startupper Italiano che raccontava la sua storia di emigrazione in California sul suo blog. La sua storia cominciava in Italia due anni dopo la sua laurea in Ingegneria quando ebbe una folgorazione che riguardava la creazione di un servizio di cloud computing. Giovane ed entusiasta parte a realizzarla ma si accorge subito che occorrono capitali. Si informa, si arma di un business plan e delle presentazioni PPT e comincia a bussare a tante porte, industria, banche, istituzioni, università, investitori, incubatori e quant’altro. Tre anni, centinaia di porte e un’unica corale risposta: NO. Stanco e demoralizzato una sera traduce tutte le presentazioni e BP in Inglese, butta un po’ di effetti personali e vestiti in una valigia e compra online un biglietto Roma – Los Angeles per il giorno dopo. SOLA ANDATA.
Atterrato a Los Angeles ricomincia a bussare a tutte le porte. Inizialmente incassa un’altra sequela di NO ma c’è qualcosa di diverso che non sa avvertire e che lo spinge ad insistere. Dopo un po’ tutto prende un giro vertiginoso: dopo quattro mesi si è trovato due soci, dopo otto un investitore che tira fuori seicentomila dollari. Dopo quattordici mesi il primo prototipo di servizio è online, dopo tre anni la sua idea è diventata un’azienda con tre soci , dodici dipendenti che fattura quasi tre milioni di dollari.
Finché una mattina al bar, davanti ad una tazza di caffè si trova riflettere sulla sua esperienza e a chiedersi PERCHE’?
Perché con le stesse idee, le stesse proposte, qui è riuscito a realizzare il suo sogno e in Italia no? Cosa c’è di diverso? Come alla moviola confronta la sua esperienza in Italia e in California, rivede le decine di colloqui avuti in patria e oltreoceano e arriva a concludere che la differenza è nel modo di porsi nei confronti dell’interlocutore. In America quando due interlocutori si siedono ad un tavolo cercano di arrivare ad una conclusione che li veda entrambi vincitori WIN TO WIN. E’ questa ricerca di sinergie e di un comune interesse, conclude, che sprigiona una quantità enorme di possibilità di ricchezza e che fa dell’America il paese leader del mondo. Al contrario, riflette amaramente, in Italia quando due interlocutori si mettono al tavolo la logica è quella del WIN TO LOSE : si scatena subito una lotta per prevalere nei confronti dell’interlocutore e ci deve essere un vincitore ed un perdente. Nella lotta tutte le potenziali sinergie vengono distrutte e il vincitore spesso si ritrova solo, con una vittoria che è quella di Pirro: da WIN TO LOSE si passa rapidamente al modello LOSE TO LOSE dove non ci sono vincitori e tutti hanno solo da rimettere e niente da guadagnare. E vivendo nel quale, verrebbe da dire, per un giovane brillante non resta altro che comprare un biglietto sola andata per la California.
Questa storia mi è venuta in mente perché anch’io ho la mia storiella di WIN TO LOSE ( o meglio di WINNER BUT LOSER) da raccontare. Il 15- 16 Maggio ho partecipato al DDay (Different Distruptive) Daily, un contest creativo per il lancio del nuovo furgone Daily. Il contest era organizzato (devo dire superbamente) dal TAG di Torino con Iveco e c’era un premio di 5000 euro per l’idea/progetto vincente stabilita da una giuria. Io sono lì come developer ma soprattutto come appassionato di mezzi Iveco di cui sono un felice possessore (un camper).
In questo racconto di winner&loser va detto subito che mi presento il venerdì sera al contest da loser : malgrado i miei sforzi non sono riuscito a portare una squadra e questo fa di me un perdente in partenza, infatti i vincitori sono una squadra già formata e con un’idea già pronta (non era vietato). Ma non importa, sono li per conoscere e divertirmi e quindi ascolto con grande interesse le presentazioni sul nuovo prodotto (il furgone Daily appunto) e quando ascolto quali sono gli obiettivi di vendita mi faccio già un’idea di quello che potrebbe essere il piano d’azione.
Arriva ora di cena (un rifresco offerto dal TAG davvero ottimo, povero il mio girovita) e i single (cioè quelli che non hanno una squadra come me) sono invitati a trovare dei soci ed a unirsi a squadre. Non riesco a concludere molto, alla fine vengo aggregato ad un gruppo di “single” come me. Fatte le presentazioni ormai è tardi, giusto il tempo di fare le presentazioni e scambiare qualche idea e poi si va a casa.
Il mattino dopo sono al TAG per la colazione e ne approfitto per scambiare quattro chiacchere qua e là: il mio gruppo arriva alla spicciolata e dopo una tazza di caffè e un biscotto siamo tutti seduti intorno al tavolo di lavoro. Di li a qualche minuto sarebbe iniziata la presentazione IVECO, dove la parte commerciale avrebbe spiegato quale era la loro strategia del prodotto per raggiungere l’obiettivo fissato la sera prima. Ritenevo scontato partecipare, ma con mia sorpresa il gruppo non ne aveva alcuna intenzione. Beh allora ci sarei andato solo io: la cosa sembrava troppo importante. E difatti nella presentazione ci viene delineata chiaramente la strategia di aggressione del mercato mediante le caratteristiche del nuovo Daily.
Ritorno dal gruppo per illustrare le informazioni raccolte e non solo mi accorgo che sono scarsamente interessati alla cosa ,ma che in mia assenza hanno già deciso il progetto: un’app social con raccolta punti. Protesto vivamente: mi sembrava una logica ben povera quella di partire in quarta senza raccogliere il contributo di tutti, una dinamica WIN TO LOSE come detto prima dalla quale il gruppo non sarebbe più sfuggito. Cerco comunque di portare nel gruppo il mio punto di vista e le mie proposte (tra le quali una campagna virale su FB “distruptive”) tutte da discutere e valutare ma ormai è già tutto stabilito: in questa discussione io sono il LOSER e loro i WINNERS e quindi il progetto verrà proposto come deciso in mia assenza.
Visto e acquisito che si fa l’app social per la raccolta dei punti per i camionisti IVECO cerco almeno di arricchire la proposta, che a me sembrava un troppo poco distruptive (è pieno in giro di social con raccolte a punti), con delle proposte ma niente da fare, l’atteggiamento di chiusura del gruppo è sempre lo stesso.
Quello che non mi piace proprio di questo atteggiamento è il famoso WIN TO LOSE: forse dal mio contributo non poteva nascere niente di buono, ma liquidare subito tutto senza neanche cercare di capire bene cosa intendevo dire, mi è sembrata una logica POVERA.
E così si arriva alla presentazione delle idee alla giuria al CNH Village e alla fine la giuria dichiara vincitore del contest un gruppo che propone un concorso a premi con un Iveco in palio e niente meno che una serata con Belen. Detta così più che distruptive sembra molto nazional-popolare, ma il gruppo la presenta molto bene e probabilmente è il l’idea giusta per un’industria manufattuttoriera come Iveco.
Con mio stupore il mio gruppo arriva tra i primi tre : questo mi dimostra come lavorare in contesti hi-tech mi ha un po staccato dalla realtà industriale produttiva.
Ma questo non cambia la sostanza delle cose, il gruppo non ha espresso le sue potenzialità: non c’è stato modo di integrare il contributo di tutti e quindi siamo andati vicino alla vittoria (c’erano premi solo per il primo) e siamo stati quindi dei WINNER BUT LOSER.
Saliamo sul pulman IVECO che ci riporta vicino al TAG: il mio gruppo si sofferma sul marciapiede e sto a guardare questi ragazzi senza sapere cosa fare. La mia rabbia per essere di fatto stato tagliato fuori dal progetto lascia rapidamente il posto ad un altro sentimento.
Non ce l’ho con loro, anzi ho un sentimento di stima nei loro confronti: sono tutti giovani brillanti ed intraprendenti, e per quello che i ho conosciuti, posso dire che rappresentino il meglio, la crema della nostra gioventù. E’ questa consapevolezza forse che aumenta il mio sconforto, vederli prigionieri della stessa mentalità che reputo causa delle nostre attuali sciagure economiche nazionali.
Non so cosa fare, sto li impalato, dal cuore mi salgono delle parole che non oso dire ma che più o meno suonerebbero così:
“Ragazzi! Io appartengo ad una generazione che non ha nulla da insegnarvi, una generazione che come le precedenti parla quando sarebbe il momento di ascoltare mentre quando ascolta lo fa solo con le orecchie e non con la mente, e non sa cogliere la ricchezza che gli altri ci possono offrire. Non ho prediche da farvi e non sto dicendo che siamo meglio di voi , ne che abbiamo dei modelli vincenti da offrirvi, dico solo che quello che noi siamo adesso VOI NON VE LO POTETE PIU’ PERMETTERE!”
Ma queste parole rimangono sepolte, la ragazza del gruppo viene vicino a me e mi saluta baciandomi sulle guance (la classe non è acqua).
Saluto gli altri e me ne torno a casa accompagnato da un sentimento di amarezza per quanto visto ma anche di speranza che questi giovani un giorno sappiano trovare la strada per liberarsi della gabbia mentale in cui tutti siamo stati cresciuti.
Per il futuro del nostro paese. Ma soprattutto per loro, per il loro futuro. Perché non arrivi mai il giorno in cui questi giovani intraprendenti e brillanti debbano comprare un biglietto di sola andata per la California.