Un paio di giorni fa è uscito un articolo su Wired.it dal titolo “come ti truffo la startup”, titolo abbastanza eloquente con l’intento di smascherare una truffa (o presunta tale siccome non è stata ufficialmente accertata) messa in atto da Max Uggeri ai danni di 16 startupper, i quali, riunitisi in un gruppo segreto su facebook, si sono accordati sull’azione legale da presentare alle autorità competenti.
Ieri è arrivata pronta la replica da parte del legale di Massimiliano Uggeri, l’avvocato Dario Casamento (qui la lettera inviata alla redazione di Wired), il quale prende le distanze dalle accuse indirizzate al suo assistito e precisa che al momento non è stata decretata alcuna sentenza di condanna.
Io conobbi Max nel 2012 durante lo Startup Weekend Brescia organizzato in Talent Garden da Davide Dattoli, il quale invitò Max a raccontarci la sua esperienza e a consigliare ai giovani startupper come convincere i venture capital ad investire sui loro progetti.
Ebbi da subito un’ottima impressione di quello che ci era stato presentato come un guru delle startup; il suo modo schietto e sincero di dire le cose, senza formalismi e senza paura di sbattere in faccia la verità per quella che era, mi colpì molto.
Proprio questo suo temperamento, unito alle sue competenze e alla sua intraprendenza lo hanno portato a fare tutto ciò che di buono e di bello ha fatto e costruito in questi anni, e un errore, per quanto grave (se confermato) non può cancellare tutto quello che si è costruito in una vita di lavoro.
Certo che truffare dei giovani intraprendenti che investono tutto se stessi inseguendo il proprio sogno di fare impresa, di dar vita ad un progetto innovativo, di creare occupazione, di far ripartire il proprio paese, non è proprio un gesto nobile, che purtroppo fa del male a quell’ecosistema che lentamente e faticosamente si sta cercando di costruire e che lo stesso Max ha contribuito a costruire in questi anni, ma come dice Riccardo Luna in questo suo bellissimo articolo, tratto dalla telefonata avuta proprio con Max in merito a questa vicenda, “e se per qualcuno fa più rumore un Reverendo che cade, è perché non sa vedere la foresta che cresce”.
Dal caso Uggeri ho imparato che non sono i nostri sbagli a determinarci, che noi non valiamo in base a quanti errori commettiamo rispetto alle scelte giuste, e che un uomo può sbagliare e questo non può cancellare tutto ciò che di buono ha fatto finora. A tutti deve essere concessa una seconda possibilità, e poi una terza e poi una quarta perché di questo abbiamo bisogno anche noi quando commettiamo uno sbaglio; di qualcuno che ci riaccolga, senza definirci o giudicarci per quell’errore. Questo non significa che l’errore non debba essere punito, anzi, è giusto pagare dazio alla giustizia se si è sbagliato, ma significa non scagliarsi contro la persona definendola in base ad una scelta errata.
E poi ho imparato che dietro le maschere che indossiamo tutti i giorni prima di andare a lavoro ci sono degli uomini, che talvolta gridano il loro bisogno di aiuto, che sono schiacciati da cose più grosse di loro, che si pensava di riuscire a gestire e che invece sono scappate di mano, e noi non ce ne accorgiamo perché siamo ricurvi sui nostri problemi e siamo distratti dal fare quotidiano.
Sicuramente da domani ricomincerà una nuova vita per Max Uggeri, che dovrà riguadagnarsi la fiducia delle persone e mi sembra sufficientemente determinato per farcela senza problemi.