Il mondo del lavoro è in perenne cambiamento, lo sanno soprattutto i freelance e chiunque abbia affrontato il dilemma fra tempi di lavoro flessibili e necessità di una sede di lavoro fisica alternativa al proprio domicilio o a luoghi di passaggio come bar e caffetterie.
La risposta a questa esigenza è il coworking, la condivisione di spazi lavorativi con altri professionisti (di solito affini, ma non necessariamente) che hanno in comune gli stessi bisogni e cercano non un semplice ufficio bensì un luogo dove instaurare nuove sinergie e confrontarsi con altri colleghi e potenziali collaboratori.
Il trend del coworking è in crescita sostanzialmente per due ragioni: la concreta diminuzione dei costi (affitto e bollette) e le maggiori opportunità professionali che nascono dall’incontro fra talenti complementari e competenze diversificate.
L’arrivo e la rapida diffusione di questo stile di lavoro anche nel nostro Paese è stata approfondita da MyCowo che ha preparato una dettagliata infografica sul fenomeno Coworking in Italia, frutto di una ricerca estesa a tutte le regioni italiane che restituisce un identikit dettagliato dei cowo: dove sono, qual è il prezzo medio e quali sono i servizi inclusi.
È altrettanto utile sapere chi sono i coworker, ovvero quale tipo di professionista privilegia questa scelta, quali sono i benefici e cosa spinge creativi, informatici, designer e innovatori di ogni specie a diventare coworker.
Le origini del cowo
Il coworking come formula nasce nel 2005 a San Francisco, dove Brad Neuberg apre il primo cowo, “un ambiente di lavoro per spiriti liberi”, un progetto che pone l’accento sulla componente sociale, collaborativa e informale del coworking.
In sintesi, essere coworker non significa solo condividere un ufficio bensì essere propensi alla contaminazione e allo scambio di idee nell’ottica di una crescita comune.
Dove si trovano gli spazi coworking italiani?
L’infografica raccoglie i dati della nostra ricerca interna e le informazioni fornite da Desk Mag con l’obiettivo di spiegare dove si concentrano i cowo e se ci sono similitudini con quello che accade negli altri Paesi.
Il primo dato comune è che il coworking nasce e si moltiplica in un primo momento nelle metropoli: Milano è senza dubbio la città con più cowo, seguita da Roma e Torino, ma non vanno sottovalutate le città più piccole.
Il coworking non è un fenomeno circoscritto ai grandi centri urbani, del resto il nostro è un Paese dove numerose realtà produttive si trovano in provincia e non sempre nelle località più note. Le statistiche a livello globale indicano che il numero di cowo raddoppia ogni anno, perciò diventa più complesso tenere traccia di tutti gli spazi condivisi, la prova che si tratta di una tendenza vincente e di un modello destinato a durare: per molti la parola d’ordine è fare rete, potenziare il networking per creare più opportunità di business per tutti.
Abbiamo censito 285 cowo in Italia, concentrati perlopiù al Nord (66,66%), seguito dal Centro (19,29%) e dal Sud e Isole (14,1%), mentre la classifica delle regioni con più cowo vede primeggiare la Lombardia, il Veneto e l’Emilia Romagna.
Riguardo le città, i coworking italiani sono diffusi soprattutto a Milano (ne conta ben 59), Roma (23), Torino (16), Bologna (12) e Firenze (12).
Quali servizi offrono i coworking?
Chi sceglie un cowo ha bisogno in primo luogo della connessione Internet, tuttavia ciò che distingue un coworking è il numero di postazioni offerte, la possibilità di avere un ufficio privato (essenziale per chi vuole lavorare in silenzio e usare gli spazi condivisi in un secondo momento) e i servizi accessori come la presenza di una sala riunioni (da affittare a parte, utile anche per ricevere clienti), l’uso di stampanti e fotocopiatrici e la macchina da caffè, un plus offerto dal 61% dei cowo.
Sono in aumento i coworking che dispongono di uno spazio nursery, fondamentale per le mamme che vogliono tornare a lavorare e passare più tempo con i propri bambini, una soluzione ottimale in tempi di crisi e di carenza posti negli asili nido. I cowo sono in maggioranza indipendenti (il 79% del totale) ma sono diffuse anche altre formule come i cowo in franchising che propongono lo stesso brand in città diverse (il 5%), i cowo che fanno parte di un’associazione (il 6%), infine quelli che aderiscono a un network che consente una serie di vantaggi agli iscritti (il 10% del totale).
Chi sono i coworkers?
In prevalenza il coworker-tipo è un freelance (il 53% secondo i dati di Desk Mag), il 39% è composto da imprenditori, startupper, dipendenti di piccole e grandi società, il restante 8% da altre figure. La maggioranza dei coworker è uomo (62%), ma le donne (oggi al 38%) sono in aumento del 5-6% anno dopo anno, perciò è probabile che questa sproporzione cambierà.
Esiste anche una fidelizzazione del coworker, sebbene si pensi sempre a qualcuno abituato a cambiare ufficio continuamente oppure a lavorare in città diverse: l’84% di chi ha lavorato in un cowo per almeno un anno tende a restare per almeno un altro anno nella stessa sede, questo significa che coworking non significa solo mobilità e provvisorietà, ma anche disponibilità a realizzare progetti sulla media/lunga distanza.
Riguardo le dimensioni dei cowo la scelta è molto ampia, nonostante ciò gran parte dei coworker (il 60%) preferisce spazi con meno di 20 postazioni, quindi luoghi meno caotici dei grandi uffici e sufficientemente popolati per non soffrire di isolamento.
La domanda che più incuriosisce è relativa al motivo che spinge le persone a diventare coworker; la risposta è un insieme di fattori che hanno decretato il successo dei coworking. La flessibilità dei tempi di lavoro e l’interazione con altre persone sono ritenute ugualmente importanti da chi non vuole lavorare in un normale ufficio né tantomeno restare a casa; il cowo dà la possibilità di condividere la conoscenza con gli altri, cioè promuove cultura dello sharing, uno strumento molto efficace in tutti gli ambiti professionali; si creano nuove opportunità di business proprio grazie all’interazione tra i coworker che possono unire le forze e attrarre più clienti; infine i costi ridotti di affitto e spese sono un incentivo a preferire il cowo alle altre modalità di lavoro, un risparmio non solo monetario, perché sfruttando la stessa sede si riducono anche i consumi e l’inquinamento del territorio.
Il punto critico per molti coworker è il troppo rumore dovuto a postazioni affollate; il 25% degli intervistati, infatti, vorrebbe coworking più silenziosi, in altre parole un buon equilibrio fra scambio di idee e concentrazione, per produrre meglio insieme a chi affronta quotidianamente le nostre stesse sfide.
Credits: ricerca realizzata da myCowo