Il problema del rinnovo dei contratti del pubblico impiego è ancora lontano dal trovare una soluzione, e neppure l’aumento delle soglie di reddito che garantiscono il diritto a usufruire del bonus degli 80 euro incluso nella legge di bilancio sembra servire in questo senso. Il problema è di non poco conto per la politica, in vista delle elezioni del prossimo anno: se è vero che coinvolge direttamente il corposo esercito degli statali, è altrettanto vero che indirettamente riguarda tutti. Entrando più nel dettaglio, per coloro che guadagnano una cifra compresa tra 24mila e 26mila euro le nuove buste paga fanno sì che si perdano pezzi del bonus, così che gli aumenti di stipendio vengono neutralizzati. Lo stesso effetto, per altro, si verifica anche con le soglie maggiorate previste per il prossimo anno.
Rinnovo dei contratti statali: il nodo della questione
Prima di conoscere le ultime notizie sul rinnovo dei contratti del pubblico impiego vale la pena di fare un passo indietro e di ripercorrere tutta la questione dall’inizio. Da un lato c’è il taglio del bonus Renzi, che coinvolgerebbe più o meno 300mila persone, mentre dall’altro lato ci sono gli 85 euro lordi in più a cui avrebbero diritto i dipendenti pubblici. La geografia dei redditi del pubblico impiego, in effetti, fa sì che ci siano un sacco di dipendenti con uno stipendio compreso tra i 24mila e i 26mila euro lordo all’anno: a mano a mano che il reddito cresce, il bonus si abbassa. In termini pratici, fino a un reddito di 24mila euro gli 80 euro si mantengono; salendo a un reddito di 25mila euro si scende a 40 euro; andando oltre i 26mila euro spariscono del tutto.
Un altro aspetto di non poco conto è relativo al fatto che gli 80 euro previsti dal bonus Renzi non sono al lordo ma netti, a differenza degli 85 euro che riguardano i contratti degli statali, e che – invece – sono lordi. Come si può intuire, dunque, gli 80 euro di Renzi sono più convenienti degli 85 euro di aumento dello stipendio. Un’occhiata alle buste paga, con esempi concreti, può aiutare a far capire meglio i termini della questione.
Aumenti degli stipendi statali: a quanto ammontano davvero?
Ipotizzando di avere a che fare con un dipendente pubblico senza figli a carico residente a Roma, un reddito annuo lordo di 23mila euro presuppone uno stipendio mensile netto di 1.458 euro, che salirebbe a 1.538 euro grazie al bonus mensile di 80 euro; un reddito annuo lordo di 23.500 euro presuppone uno stipendio mensile netto di 1.483 euro, che salirebbe a 1.563 euro grazie al bonus mensile di 80 euro; un reddito annuo lordo di 24mila euro presuppone uno stipendio mensile netto di 1.508 euro, che salirebbe a 1.588 euro grazie al bonus mensile di 80 euro; un reddito annuo lordo di 24.500 euro presuppone uno stipendio mensile netto di 1.515 euro, che salirebbe a 1.575 euro grazie al bonus mensile ribassato a 60 euro; un reddito annuo lordo di 25mila euro presuppone uno stipendio mensile netto di 1.521 euro, che salirebbe a 1.561 euro grazie al bonus mensile ribassato a 40 euro; un reddito annuo lordo di 25.500 euro presuppone uno stipendio mensile netto di 1.529 euro, che salirebbe a 1.549 euro grazie al bonus mensile ribassato a 20 euro; un reddito annuo lordo di 26mila euro, infine, presuppone uno stipendio mensile netto di 1.536 euro, ma nessun bonus mensile.
Le conseguenze dell’aumento di stipendio
La combinazione dei tagli al bonus e degli aumenti contrattuali, pertanto, dà vita a effetti collaterali non graditi. Tolti l’Irpef e le addizionali, il lordo degli 85 euro si trasforma in un netto di 60 euro, che però va a incrociarsi con il bonus di Renzi. Da un potenziale guadagno si passa addirittura a una perdita secca, per un effetto paradossale da valutare.